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mercoledì 12 dicembre 2012

Esociclidi: ciclidi nello spazio


Diario dell'ufficiale scientifico Harold Stampke. Data astrale: 2 gennaio 2512. Siamo tornati nell'orbita di Europa, quarta luna di Giove e ci rimarremo per un po'. Vogliamo controllare che forme hanno siluppato i Ciclidi rilasciati centinaia di anni fa nell'oceano sottostante allo strato di ghiaccio che riveste la superficie. I cryobot inviati hanno rivelato inaspettati risvolti evolutivi. I Ciclidi sono pesci ossei d'acqua dolce che sulla Terra contano migliaia di specie. Le cure parentali, la tendenza a rimanere nella località di nascita, il cranio e le mascelle che nel corso della loro storia si sono modificati ampiamente per approfittare delle risorse alimentari di un ambiente e la selezione sessuale, in passato hanno decretato il successo evolutivo di questa famiglia. Su Europa la plasticità dei Ciclidi ha avuto ancora una volta ragione di un ambiente apparentemente inospitale. Le riprese video mostrano che alcune popolazioni si sono adattate anche all'oceano salato di questo satellite. Gli antenati di questi pesci erano stati liberati nelle acque fredde, ma fortunosamente riscaldate da una sorgente termale, di un lago superficiale nascosto tra il ghiaccio da una spedizione interplanetaria che aveva avuto problemi di navigazione. I sopravvissuti avevano visto come unica speranza di sopravvivenza l'allevamento dei Ciclidi presenti sulla nave negli acquari ricreativi. Tuttora sulle unità di maggiori dimensioni della flotta sono presenti delle Tilapia che possono servire da fonte di proteine per l'equipaggio. Nell'oceano di Europa non esistevano pesci, non potevano esserci. Quelli che noi chiamiamo pesci esistono solo sulla Terra; ora sono anche su Europa e si sono adattati all'acqua salata.

Un cryobot mentre riprende il fondale di Europa. 

I video dei cryobot hanno mostrato che gran parte dei Ciclidi sopravvissuti ha perso l'uso degli occhi in conseguenza della scarsità di luce e ha potenziato altri organi. Le labbra per esempio. Già alcuni Ciclidi terrestri hanno sviluppato in modo abnorme le labbra, soprattutto come organi sensoriali. Su Europa esse invece svolgono le più svariate funzioni. Alcuni Ciclidi, o forse per distinguerli dai Ciclidi terrestri sarebbe meglio chiamarli Esociclidi, non sono più in grado di nuotare. La scarsa concentrazione di ossigeno sul fondo dell'oceano li ha costretti a ridurre il consumo energetico al minimo. Gli esociclidi bentonici si ergono sul fondale ricoperto da quello strano organismo che si chiama stragulo (Stragulum wwwi) e poggiano sulla bocca le cui labbra si sono sviluppate enormemente per fornire una sufficiente base di appoggio agli individui. Ora più che a pesci assomigliano a tozze colonne di carne dotate di minuscole pinne. In realtà gli esociclidi bentonici si muovono, lentamente, ma si muovono, brucando il fondale ricoperto da stragulo, sulle labbra. L'incubazione orale è stata mantenuta come si è potuto osservare dallo sciame di piccoli che fuoriescono sbattendo forsennatamente dalle branchie della madre per andare a fissarsi poco lontano. I cryobot hanno anche registrato il sesso degli esociclidi colonnari, sono tutte femmine. I maschi hanno dimensioni minuscole e vivono da parassiti delle femmine sul corpo del partner. Nulla di strano per una specie dai movimenti così limitati e lenti. Gli esociciclidi bentonici sono colorati e non appaiono rosa come molti altri affini. Sono neri a strisce gialle; probabilmente si tratta di una colorazione di avvertimento che avvisa i predatori di tenersi alla larga. Forse perché sono immangiabili o velenosi. Il perché essi siano colorati in un mondo dove la luce è quasi del tutto bandita e come questa specie abbia guadagnato la propria velenosità rimane un mistero.
Un altro esociclide, completamente trasparente e cieco, invece occupa le acque libere nei pressi della superficie ghiacciata dove il tenore di ossigeno è leggermente superiore. Si nutre di piccoli organismi che cattura attirandoli con le le labbra luminescenti nella bocca spalancata. In questa specie, infatti, le labbra sono state colonizzate da una sorta di batterio luminescente. La densità dei batteri è molto bassa e le labbra assomigliano a un albero di Natale poco illuminato. Probabilmente una maggiore quantità di luce richiamerebbe i grandi predatori che ricercano i banchi di plancton. Per supportare il peso delle labbra enormi il cranio si è sviluppato intensamente e si è irrobustito.
L'esociclide che vive in buche scavate nel fondale da cui fuoriesce ergendosi sul corpo è diventato filiforme. Anche in questo caso le labbra si sono sviluppate enormemente, ma qui si sono sfrangiate al punto da sembrare petali. Il risultato è un esociclide fiore. Ma la somiglianza con un fiore non si limita alla forma. Nessuno cryobot è mai riuscito a riprendere cosa mangi questa specie. Sono convinto che ci siano dei batteri fotosintetici nelle labbra. Occorre però prelevare dei campioni.
Oltre all'aspetto evolutivo, mi interessa anche l'impatto degli esociclidi sull'ecosistema europeo. Siamo in presenza di una invasione biologica in piena regola, invasione che tra l'altro è in atto da centinaia di anni. Ho notato che in alcune zone ad alta densità di esociclidi colonnari le praterie a stragulo sono in ritirata. Sono le zone più calde, quelle più adatte ai pesci che derivano da specie robuste e adattabili, ma di origine tropicale o subtropicale. Le ricerche precedenti all'invasione degli esociclidi descrivono ambienti ad elevata biodiversità. È necessario controllare la bibliografia per un raffronto con il passato e circoscrivere le aree di ricerca. Domani finalmente mi calerò in acqua. Domani è un altro giorno, un giorno di scoperte. Sarò pronto a certificare che Europa non è più la stessa? Che ha imboccato la via della distruzione? Della semplificazione dovuta a secchio di pesci gettato in acqua? 

Questo post è totalmente frutto della mia fantasia e delle mie scarne conoscenze di esobiologio e si basa su un'ipotesi di fauna del satellite Europa presentata su questo blog a cui devo l'ispirazione (Grazie Lisa!). Nessun ecosistema alieno è stato quindi sacrificato per dare origine allo scritto. Il post fa parte della settima edizione del Carnevale della Biodiversità. Qui trovate la presentazione del Carnevale e tutti gli altri post partecipanti.




Ho visto cose... La biologia dei mondi fantastici


I wookie, wookiepedia
Riparte con la settima edizione il Carnevale della Biodiversità e la sfilata stavolta è più variopinta che mai. I blogger che hanno partecipato all'edizione odierna hanno infatti sondato ogni angolo di questo universo per scovare, illustrare, descrivere animali e piante dalla biologia sconosciuta. Come colonna sonora consiglio L'ultima Thule tratto dal più recente lavoro di Francesco Guccini. La canzone è degna di accompagnare il post, anche solo per il fatto che cita l'anfisbena, il serpente bicefalo che nessuno di noi è riuscito a intrappolare.

Ad aprire i festeggiamenti troviamo alcuni tra i personaggi più amati della fantascienza, perlomeno di quella salita alla ribalta del grande schermo, i Wookie con quel tappeto di pelo che è Chewbacca, il mostruoso Sarlacc che riposa tra le dune del pianeta Tatooine, i ragni Purella di Yavin 8 e Arachnor di Aazid e la lumaca spaziale. Stiamo parlando della saga di Star Wars, un gioioso tripudio di peli, cheratina varia, neurotossine e bava, molta bava. A parlarne sono due blog: Biosproject Earth e Proposopea.
Lo Xenomorfo, Torugatoru

Potevano mancare i protagonisti di un'altra lunga e terrorizzante saga? Siamo al cospetto di Linguafoeda acheronsis, nome comune xenomorfo, per gli amici e soprattutto i nemici Alien! Se siete tentati di etichettare il ciclo vitale di questo inquietante essere come il risultato di una sbornia di uno sceneggiatore,  Natura Matematica recita la parte del cappellano del Diavolo e dimostra come anche sulla Terra esistano specie altrettanto efficaci e crudeli di fronte al giudizio umano.

Abbandoniamo ora gli esseri viventi VIP, quelli che tutti conoscono o pensano di conoscere, per dedicarci a altri organismi meno noti o semplicemente dimenticati. Oggiscienza ipotizza che nonostante gli ambienti differenti, le anatomie diversificate, i sensi che un uomo non è neppure in grado di immaginare, a sostenere un organismo sono le stesse spinte evolutive, le stesse pulsioni. Scopritelo imbarcandovi sullo Space Beagle.
Tra gli organismi saliti su uno dei carri del Carnevale c'è anche il Mufela, uno strano mammifero descritto sull'onda del Carnevale che ha realizzato con milioni di anni di anticipo rispetto all'uomo la ruota. Viene presentato per la prima volta al pubblico all'interno del Carnevale della Biodiversità sul blog Paleostories direttamente dal suo descrittore.

Qualcuno ha osato saggiare il lato oscuro della scoperta di nuovi mondi: la distruzione di habitat che tanto ha scosso le nostre coscienze durante la visione di Avatar. Ogni libro di futurologia che si rispetti, questo è solo uno dei più recenti, parla del terraforming di Marte, del processo con cui l'uomo in un futuro prossimo modificherà la superficie del pianeta rosso per renderla abitabile. Sembra paradossale parlare di distruzione del territorio quando ci si riferisce a pianeti apparentemente disabitati e privi di attività geologica. Ma è proprio come sembra? Oppure, dato che non abbiamo altri esempi di vita al di fuori di quella che popola la Terra, siamo davvero in grado di riconoscere gli alieni? A raccontarcelo in maniera toccante è PaperFish.
E dato che stiamo ipotizzando la vita nel nostro sistema solare, tralasciando il caso della Terra, esploriamo il quarto satellite di Giove, Europa, che le teorie più recenti indicano possa ospitare un immenso oceano salato sotto la spessa coltre di ghiaccio che ricopre la superficie del satellite. Al riparo della luce solare, in ambienti a bassa concentrazione di ossigeno, si sono sviluppate intere comunità che dipendono  per la sopravvivenza dalle zone di faglia, dai vulcani e dalle fumarole. Praterie di stragulo (Stragulum wwwi), molluschi a tre valve, pesci che non sono pesci e che occupano le nicchie ecologiche dei colibrì, balene capovolte. L'anfitrione di Europa non poteva che essere l'Orologiaio Miope. A rompere le uova nel paniere ci penso io, il ciclidofilo, che narro sotto mentite spoglie le conseguenze evolutive dell'accidentale arrivo su Europa dei ciclidi. Cosa succederà? Si adatteranno? Distruggeranno gli ambienti nativi? È il paradossale destino di molte specie. A rischio di estinzione negli ambienti di origine e inarrestabili invasori in terre straniere.


E i vegetali? Come possiamo tralasciare i produttori? Meristemi investiga il colore delle piante presenti su altri sistemi e soprattutto cerca di capire che tipo di vegetali cresce sui pianeti   guardando il colore delle stelle che li irradia. Le conclusioni, in alcuni casi, possono essere desolanti.
Meno desolante è il ruolo che piante e alghe giocheranno negli spostamenti spaziali. Saranno geneticamente modificate, serviranno a depurare aria e acqua, e produrranno cibo. Esisterà anche un nuovo lavoro, quello di giardiniere spaziale. Ne parla La belle Verte.
L'ultimo carro di bestie, pardon, piante fantastiche, trasporta le piante carnivore nelle loro più disparate incarnazioni: trifidi, temibili piante mobili che cacciano gli uomini, pomodori assassini, alberi mangia-uomini del Madagascar. Dopo aver letto questo post guarderemo gelsomini e tronchetti della felicità in maniera diversa. Lo racconta Evolve or die.
Siamo stati così assorbiti dalla fantascienza, dai mondi immaginari, dalla ricerca della vita su corpi celesti del sistema solare o di quelli extra solari che ci siamo scordati di cosa sta succedendo in casa nostra. La novità si chiama biologia sintetica: amminoacidi non naturali, tRNA speciali, ribosomi modificati. Cosa sapranno produrre tali meccanismi in futuro? Nuove proprietà si dispiegheranno sotto i nostri occhi? Capacità sconosciute saranno svelate? Ce lo spiega con l'usuale competenza my Genomix.


Ho lasciato per ultimo il post che avrei voluto scrivere e a cui non ho saputo dare forma. Meno male che Leucophaea c'è. Marco Ferrari racconta la storia dei taxa fantastici dalle antichità ad oggi mostrandoci come il tutto possa essere incasellato su una storia "naturale" dal tentativo più semplice a quello più complesso di ricreare non solo animali e piante fantastici, ma anche intere comunità biotiche. È il momento di presentare i rinogradi che vedete raffigurati a destra. Non svelo nulla di più.

Grazie a tutti i blogger che hanno partecipato a questa edizione del Carnevale della Biodiversità. Siamo tornati per rimanere, anche se a modo nostro. 



lunedì 10 dicembre 2012

Lepidiolamprologus kamambae: predatori dal lago Tanganica


Lepidiolamprologus kamambae 
Costa sudorientale dell'isola di Kerenge Island a 20 m di profondità.
Fotografia di Magnus e Mikael Karlsson 


Circa 10 milioni di anni fa, più o meno, nasceva in Africa uno dei laghi più grandi al mondo. Veniva al mondo sotto forma di un grande fiume dallo spirito libero che inondava continuamente le terre circostanti formando pozze, stagni, laghetti che vi persistevano per anni. Divenne velocemente adulto, geologicamente parlando, e nei successivi cinque milioni di anni dalle tre enormi pozze che erano sorte al posto del corso d'acqua ne scaturì una sola. Il lago Tanganica era fatto, ora mancava solo di fare i ciclidi. Gli antenati di questi pesci erano già presenti nelle acque del futuro lago fin dall'inizio, ma dovevano speciare, speciare di nuovo e di nuovo ancora. Una seconda ondata di colonizzatori invase, infatti, le acque durante la fusione dei tre paleolaghi, qualche milione di anni dopo. La terza ondata invece venne molto dopo ma lasciò pochi discendenti (solo due linee di discendenza). Da queste continue invasioni, rimescolamenti di faune, innalzamenti e abbassamenti di livello delle acque dovuti al dilaniarsi della crosta terrestre, vennero a formarsi le 250 specie di ciclidi che popolano il lago e che vengono suddivise nelle attuali 20 linee di discendenza o tribù. Tra di esse sono presenti sia specie che depongono su substrato (tribù dei lamprologini fondamentalmente) che incubatori orali. Gli altri grandi laghi africani (Malawi e Vittoria) possiedono più specie perché la loro storia geologica è più recente, ma sono popolati esclusivamente o quasi da incubatori orali. Probabilmente nel lago Tanganica la gran parte dei Ciclidi è già estinta ed è un peccato che i Ciclidi fossilizzino solo raramente perché i fossili avrebbero fatto luce sulla speciazione adattativa.
Nonostante siano solo un'ottantina, i lamprologini mostrano un'enorme variabilità di forme, ecologie e comportamenti. Vi sono specie che vivono nei letti formati dalle conchiglie dei gasteropodi cadute sul fondale alla morte del possessore, specie predatrici che popolano le acque libere, specie erbivore che si nutrono delle alghe che crescono sulle rocce e specie che si nutrono di invertebrati. Vi sono specie che vivono in harem dove i maschi lottano tra loro per il possesso delle femmine e passano la gran parte del tempo a pacificare le inevitabili dispute tra le consorti. Vi sono anche lamprologini che vivono in coppie fedeli fino alla morte che arriva ben presto per inedia al termine delle lunghe cure parentali dell'unica covata che sono riuscite a crescere. I lamprologini protagonisti di questo post appartengono al genere Lepidiolamprologus, un gruppo che raccoglie 11 specie di dimensioni medio-grandi e di abitudini predatorie caratterizzate fondamentalmente da un osso sesamoide, derivante dall'ossificazione dei tendini del legamento della mascella inferiore, e da un particolare tipo di vertebra. A noi interessa un gruppo di specie dalla forma allungata e dalla livrea costituita da strisce e/o fila di macchie scure. Per comodità possiamo chiamare questo gruppo elongatus dal nome di uno di essi. Lepidiolamprologus kamambae è la specie descritta recentemente da Sven Kullander, noto ittiologo svedese che calca spesso le scene di questo blog, e dai fratelli Karlsson, Magnus e Mikael, che anni fa gestivano un'importante azienda esportatrice di ciclidi (Africa Diving) con alcune stazioni di pesca sul lago e che quindi dispongono di materiale di prima mano e di molta esperienza di campo nel riconoscimento di ciclidi.



 L'isola di Kamamba nella costa orientale del lago Tanganica
Fotografia di Magnus e Mikael Karlsson 



Lepidiolamprologus kamambae Kullander, Karlsson & Karlsson 2012

Diagnosi La specie si distingue dalle simili (L. kendalli, L. profundicola, L. nkambae, L. mimicus. L. elongatus) per la presenza di un'ampia striscia scura che corre lungo le guance e per la livrea che nelle acque del lago appare molto chiara e a volte anche bianca. La specie più simile è L. kendalli che tuttavia mostra una livrea scura, probabilmente un adattamento all'ambiente roccioso in cui vive.

Distribuzione e ambiente Isole di Kamamba e di Kerenge lungo la costa meridionale del lago Tanganica. Potrebbe essere presente anche presso le isole di Mwila e Nkondwe che hanno caratteristiche ambientali simili a quelle delle precedenti località. Lungo i fondali dell'isola di Kamamba L. kamambae popola la zona di transizione tra l'ambiente roccioso e quello sabbioso alla profondità di 15 metri.



La distribuzione delle specie di Lepidiolamprologus del gruppo elongatus nel lago Tanganica.

Etimologia Il nome della specie deriva dall'isola di Kamamba, la località di provenienza degli esemplari utilizzati nella descrizione.

Note Attraverso la sezione News di Cichlidroom companion Ad Konings critica la descrizione di L. kamambae perché manca della comparazione della nuova specie con le altre specie del gruppo che convivono con essa. Inoltre, sempre secondo Konings, la caratteristica distintiva di L. kamambae appare poco visibile nelle fotografie subacquee. Konings afferma che possiamo quasi sempre trovare differenze tra le diverse popolazioni di una specie e quindi, volendo, quasi ogni popolazione può essere elevata allo status di specie. L. kamambae potrebbe essere semplicemente una forma scura di L. kendalli. Sven Kullander risponde nel suo blog che la livrea chiara di L. kamambae è caratteristica della specie e arriva quasi a promettere che tornerà successivamente sulla validità di L. kendalli (l'esemplare servito per la descrizione è in cattive condizioni e praticamente inutilizzabile per confronti) e di nkambae. Siamo quindi in attesa di sviluppi futuri.


Lepidiolamprologus del gruppo elongatus: A. Lepidiolamprologus kamambae, isola di Kamamba. B. L. kendalli, Muzi. C. L. elongatus. Udachi. D. L. profundicola, Kansombo.


Kullander S. O., Karlsson M., Karlsson M. 2012. Lepidiolamprologus kamambae, a new species of cichlid fish (Teleostei: Cichlidae) from Lake Tanganyika. Zootaxa, 3492: 30–48.

Ringrazio i fratelli Karlsson per aver generosamente messo a disposizioni le immagini che corredano il post.