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sabato 7 agosto 2010

Tilapia pra, una nuova specie dal Ghana

Gruppo di antica descrizione (1840), le Tilapia stanno vivendo ultimamente tempi interessanti, perlomeno dal punto di vista tassonomico.Nel 1969 Thys divise il genere in tre sezioni con parecchie sottogeneri ciascuno. Ethelwyn Trewavas nel 1983 tolse le specie che incubavano oralmente ponendole in Oreochromis e Sarotherodon, ma ben presto ci si rese conto che le entità rimaste formavano un gruppo ugualmente eterogeneo (1992, Stiassny). Gli studi molecolari del nuovo millennio non fecero che confermare quanto risultava. L'anno scorso un ulteriore studio ha portato un nuovo assalto al gruppo identificando un nuovo clade battezzato Australotilapine (in realtà nello studio in questione si parla di Australotilapinii, ma si tratterebbe di un termine errato perchè riporta un suffisso non riconosciuto dal Codice di Nomenclatura Zoologica). L'aspetto interessante è che le Australotilapine includono anche la specie tipo del genere T. sparmannii e quindi il genere è al riparo da cambiamenti di nome, perlomeno per ora.
Attualmente in Tilapia trovano posto 40 specie (il numero però non sembra concordare in tutte le fonti, temo che dovrò metterci del mio e contarle) che depongono le uova su substrato e che sono caratterizzate da: mascella faringea inferiore (unita al quinto ceratobranchiale) tanto lunga quanto larga con una carena anteriore più corta o al massimo lunga quanto la superficie dentata della mandibola, denti faringei posteriori bicuspidi (a due punte) o tricuspidi, raramente quadricuspidi, braccio inferiore del primo arco branchiale dotato al massimo di 17 denti, due linee laterali, scaglie cicloidi e 21-30 scaglie nella linea longitudinale. Nell'Africa centro-occidentale sono presenti 16 specie di Tilapia: T. brevimanus Boulenger; T. busumana (Günther); T. buttikoferi (Hubrecht); T. cabrae Boulenger; T. cessiana Thys; T. coffea Thys; T.dageti Thys; T. deckerti Thys, T. discolor (Günther); T. guineensis (Bleeker in Günther); T. joka Thys; T. louka Thys; T. maria Boulenger; T. rheophila Daget; T. walteri Thys e T. zillii (Gervais). Inutile rammentare che vi sono anche alcune specie che non sono state ancora descritte scientificamente. Per evidenziare il fatto che queste specie non appartengono al gruppo delle Australotilapine che contiene la specie tipo del genere, gli autori consigliano di utilizzare il nome del genere con le virgolettte (avete presente come si era fatto per Cichlasoma?).

PS: alcune specie portano il nome del descrittore tra parentesi perché all'origine erano state poste in un altro genere.

PPS: prometto che tornerò sulla radiazione dei ciclidi africani e quindi anche sulla posizione sistematica delle tilapia.

PPPS: non ho detto che vi tornerò a breve.


Ecco ora la solita scheda descrittiva della nuova specie. Ringrazio gli autori per aver messo a disposizione la fotografia della nuova specie e in particolare Andreas Dunz per lo scambio di idee avute a riguardo del concetto di specie utilizzato nella descrizione dei ciclidi.



Tilapia pra Dunz A. R., Schliewen U. K. 2010

Tilapia pra n. sp.
© Ulrich Schliewen


Diagnosi "Tilapia" pra si distingue dalla maggior parte delle specie del genere per la presenza di denti faringeali bicuspidi nella seconda fila della mascella faringeale inferiore. La colorazione varia dal marrone chiaro al grigio nella zona dorsale e dal beige al giallo nella zona ventrale. La specie più simile è "Tilapia" busumana che nella zona dorsale può apparire blu-viola o anche nera e più scura nella zona ventrale.


Distribuzione È diffusa nei fiumi Pra, Ankobra, Tano e Bia Rivers nel Ghana sud occidentale e nella Costa d’Avorio sud orientale.

Etimologia Il nome della specie si riferisce alla parola "pra" (fiume) derivante dal linguaggio Kwa parlato in Gana ed al fiume Pra in cui è stato raccolto l'olotipo. Si vuole in questo modo ribadire l'habitat fluviale di questa specie rispetto alla specie più prossima "Tilapia" busumana che ha una distribuzione lacustre.

Ecologia L'olotipo e la maggior parte dei paratipi sono stati raccolti nel fiume Anum su un substrato sabbioso-fangoso. In quel tratto il fiume è ampio dai 5 ai 20 metri ed è circa 1-2 metri di profondità. Attualmente non sono disponibili ulteriori informazioni sull'ecologia della specie.

Note “Tilapia” pra è simile a “T.” busumana, presente nel lago Bosumtwi, e a “T.” sp. aff. busumana “Birim”, presente anch'essa nel fiume Pra. Gli autori ipotizzano che “T.” busumana si sia evoluta da “T.” sp. aff. busumana poichè "T." busumana è endemica del bacino idrografico del lago Bosumtwi, un lago di cratere da impatto formatosi circa un milione di anni fa, mentre l'altra ha diffusione più ampia. Per la descrizione di "Tilapia" pra è stato utilizzato il concetto filogenetico di specie.

Dunz A. R., Schliewen U. K. 2010. Description of a new species of Tilapia Smith, 1840 (Teleostei: Cichlidae) from Ghana. Zootaxa, 2548: 1–21.


Bibliografia

Klett, V. & Meyer, A. (2002) What, if Anything, is a Tilapia?—Mitochondrial ND2 Phylogeny of Tilapiines and the Evolution of Parental Care Systems in the African Cichlid Fishes. Molecular Biology and Evolution, 19, 865–883.

Schwarzer, J., Misof, B., Tautz, D. & Schliewen, U.K. (2009) The root of the East African cichlid radiations. BMC Evolutionary Biology, 3 (186), 1–11.

Stiassny, M.L.J. & Schliewen, U.K. (2003) Etia nguti, a new genus and species of cichlid fish from the River Mamfue, Upper Cross River basin in Cameroon, West-Central Africa. Ichthyological Exploration of Freshwaters, 14 (1), 61–71.

Stiassny, M.L.J., Schliewen, U.K. & Dominey, W.J. (1992) A new species flock of cichlid fishes from Lake Bermin, Cameroon with a description of eight new species of Tilapia (Labroidei: Cichlidae). Ichthyological Exploration of Freshwaters, 3 (no. 4), 311–346.

Thys, D.F.E. (1968) An Annotated Bibliography of Tilapia (Pisces, Cichlidae). Annales Museé Royal de L´Afrique Centrale, Série N-14°, Documentation Zoologique, XL pp. and 406 pp.

Trewavas, E. (1983) Tilapiine Fishes of the genera Sarotherodon, Oreochromis and Danakilia. Trustees of the British Museum (Natural History), London, 583 pp.

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